La Passione di Cristo (2004) (DVDRip)

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USCITA CINEMA: 07/04/2004
REGIA: Mel Gibson
SCENEGGIATURA: Mel Gibson, Benedict Fitzgerald
ATTORI: James Caviezel, Maia Morgenstern, Monica Bellucci, Mattia Sbragia, Hristo Shopov, Claudia Gerini, Luca Lionello, Hristo Jivkov, Rosalinda Celentano...
FOTOGRAFIA: Caleb Deschanel
MONTAGGIO: John Wright
MUSICHE: John Debney
PAESE: Italia, USA 2003
GENERE: Drammatico, Religioso
DURATA: 126 Min

Trama:
Film impossibile da recensire, in chiave “normale”. Perché non si può non partire da due pregiudizi, quello del credente o quello del non credente. Critici e commentatori normalmente equidistanti e distaccati, molto accreditati, non hanno resistito al sentimento, al coinvolgimento, sì, al pregiudizio. La Passione è stato definito pulp, horror, e via dicendo. Vanno rilevati, prima di tutto, l’attesa e il marketing. In tutta la storia del cinema mai un film ha generato tanta attesa, da Via col vento a Ben Hur, da Otto e mezzo a Schindler’s List.
Un’attesa certamente buona e benemerita, al di là di tutto. Lo si deve a Gesù, personaggio eccezionale, magari divino. Guardato al microscopio della filologia, dei vangeli, della Storia eccetera il film presenta… solo errori: il linguaggio, le omissioni, questi troppo cattivi, quelli troppo buoni, l’eccesso di violenza, i pesi del racconto, la parte di croce orizzontale, la croce intera, i buchi prefabbricati, l’invenzione del diavolo. Trattasi di un vero manifesto di tutte le licenze che può permettersi il cinema. E non vale neppure la (più o meno grande) consapevolezza di Gibson, che è comunque autore tenace e capillare e certamente ha molto ragionato su ciò che doveva fare. Il film va dunque inteso come eccesso di cinema e magari di licenze, e come iperbole generale. Col paradosso degli opposti: troppa filologia di linguaggio – aramaico e latino – troppa semplicità e sproporzione di caratteri – le facce da bestie dei torturatori, di Barabba, la crudeltà di Caifa eccetera -, 90 minuti di torture, 2 minuti di resurrezione. E poi quel simbolo grottesco del tavolino costruito dal falegname Gesù, di perfetto design, che mette in difficoltà anche la Madonna. Dunque iperbole e eccesso di espressione. Però, rispetto all’iconografia tradizionale certamente Caviezel si avvicina molto a quell’immagine. La scena iniziale nel Getsemani, la sagoma di Gesù, il buio, gli ulivi neri, la paura del destino che si compirà, davvero commuove. Chi crede è tenuto a ritenere che quella rappresentazione sia vicina alla verità. Così come cerca di essere verità il linguaggio, l’aramaico e il latino tradotti dai sottotitoli. E i sottotitoli sono, questa volta, una mediazione particolare, sono la metafora di sé stessi. Certo, è sentimento, è suggestione. Non è fede, che deve giungere da altri luoghi, non dalla corteccia, ma dalla profondità cerebrale. E poi il cinema, si sa, non ha lo stomaco per i grandi pronunciamenti. Puoi entrare in sala dubbioso ed uscire credente, magari per un’ora, o per un giorno. Nessuno si convertirà assistendo alla Passione, perché il cinema non converte nessuno. Il film potrà essere acquisito come moda o suggestione però il primo risultato c’è stato, quello dell’attesa, dell’evento e, appunto, del promemoria. La violenza, la sofferenza, il sangue, iperrealisti, esasperati, ne sono il valore aggiunto. In venti secoli di tradizione, di memorie, di omelie reiterate, forse l’istantanea della sofferenza di Gesù è diventata abitudine, è stata dimenticata e azzerata. Gibson ce la ripropone con un supplemento di shock. Un promemoria che può servire. In questo momento storico, dove la nostra cultura occidentale, e la nostra religione, sono taciturne, sconcertate e aggredite, è bene ricordare che anche dalle nostre parti c’è una mistica forte e c’è la fede, se vuoi interessarti a lei.

Critica:
"Va detto subito che se anche non si accettasse la visione estremamente dura e realistica di Gibson, essa potrebbe comunque esercitare nei nostri confronti una funzione maieutica, costringendoci a mettere in luce non tanto le fondamenta della nostra fede, quanto il nostro rapporto con un Dio picchiato, insultato, flagellato, torturato, deriso, crocifisso. Per questo il film compie, per la cultura moderna, una nuova rivoluzione nell'immagine di Gesù: lo scandalo esibito, visto, vissuto, della croce - e dlle ore che la preparano - ripropone ancora una volta l'interrogativo sul concetto di Dio. (...) Il regista si sofferma con puntigliosa attenzione e intensità proprio su quei particolari di un supplizio maledetto dalla legge, cioè sui tratti meschini e miserabili del Dio cristiano, quelli che atterriscono e rendono incredulo il pagano di ieri e, forse in misura, modo e tonalità diverse, quello di oggi. In questo va fatto l'elogio della sua coerenza e onestà, che si riversa in ogni immagine e in ogni particolare di una pellicola diretta in modo magistrale ed interpretata da attori preparatissimi. (...) E se "l'obbrobrio della croce è una tentazione della fede" (Ilario di Poitiers) e se questo obbrobio viene ostentato sino agli estremi, tanto più il film diventa per noi una tentazione salutare, uno scandalo culturale. Insomma bisogna fare i conti con questo scandalo, con questo Gesù e questa opera su di lui." (Luca Pellegrini, 'Rivista del Cinematografo', marzo 2004)"Il grande problema della Passione di Cristo di Mel Gibson, è che manca totalmente la dimensione spirituale, interiore. Non è poco, essendo la storia quasi in tempo reale della Crocefissione. Ma in mano al Mad Max Mel Gibson, ammessa la buona fede del suo ipercattolicesimo, questa diventa la più grande storia horror mai raccontata. Il regista usa la mano forte e fin dall'inizio accumula sul volto e sul corpo del povero e recidivo Jim Caviezel, già ingiustamente accusato anche in 'High Crimes', una tale orgia di sangue, ferite purulente, orbite disfatte, bulbi oculari staccati, denti e gengive massacrati, schiene frustate e scie rosso shocking impressioniste, che siamo subito sazi. E quando arriva la Crocefissione col legno che assorbe il sangue e i chiodi e tutto il resto, e si alza il volume tribal-cardiaco della musica, non essendoci progressione drammatica, è tutto come già assorbito, una corrida bestiale. E' come se Gibson dovesse rimuovere il lutto di Cristo, ma nel ruolo dell'assassino. Difficile dire bello o brutto. Sicuramente truculento, ma non emozionante. Sicuramente non pacifista. Sicuramente dozzinale e debitore del cinema ad armi letali di Gibson,dei serial horror, a volte anche del western spaghetti e del cinema catastrofico con terremoto. Il Nostro è un Braveheart sulla Croce: ma la storia evangelica è clamorosamente inadeguata al talento di Mel, che glissa sui rapporti con i discepoli e sulla Resurrezione e racconta tutto d'un pezzo senza sottigliezze, senza sfumature, senza pause, senza punteggiatura psicologica. (...) Il vero miracolo della 'Passione di Cristo' è il fondamentalismo furbo del marketing che l'ha lanciato, dopo il rischio che si perdesse nella disattenzione di un cinema fuori moda, dopo i capolavori di Scorsese, Pasolini, Rossellini, mentre oggi si minaccia addirittura una resurrezione del genere 'Jesus Christ'. Ci vuole cura su certi argomenti, non bisogna esagerare nel ralenti - che potrebbe essere fatto santo come gli Apostoli - il messaggio di Cristo sarebbe il più bello ed attuale se non fosse ridotto a santino sanguinante: scommettiamo che non sarà un best seller da parrocchia?" (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 13 marzo 2004) "Ovviamente la violenza definita da alcuni insopportabile è fittizia e neppure tanto ingannevole, il sangue rappreso è emoglobina sintetica, le carni straziate e piagate di Cristo sono ottenute col trucco, nelle scene più dure il protagonista è sostituito dalla sua controfigura Brandon Reininge

Note:
- IL FILM E' PARLATO IN LATINO E ARAMAICO E PER LUNGO TEMPO IL REGISTA NON VOLEVA FOSSE SOTTOTITOLATO PER LA SUA USCITA NELLE SALE USA (25 FEBBRAIO 2004) POI HA CAPITOLATO ALLE ESIGENZE DELLA DISTRIBUZIONE.- GIRATO INTERAMENTE IN ITALIA. NEGLI STUDI DI CINECITTA' E' STATA RICOSTRUITA LA CITTA' DI GERUSALEMME, MENTRE LE SCENE DELLA CROCIFISSIONE SONO STATE GIRATE A MATERA.- L'ATTORE HRISTO SHOPOV E' ACCREDITATO COME HRISTO NAUMOV SHOPOV- FOTOGRAFI DI SCENA: PHILIPPE ANTONELLO, KEN DUNCAN.- TRE CANDIDATURE AGLI OSCAR 2005: MIGLIORE FOTOGRAFIA (CALEB DESCHANEL), MIGLIORE COLONNA SONORA (JOHN DEBNEY), MIGLIOR MAKE-UP (KEITH VANDERLAAN, CHRISTIEN TINSLEY).- NASTRO D'ARGENTO 2005 PER I MIGLIORI COSTUMI A MAURIZIO MILLENOTTI E PER LA MIGLIORE SCENOGRAFIA A FRANCESCO FRIGERI.

3 commenti:

Michele Corvo ha detto...

Thank you for viewing the blog! :)

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Anonimo ha detto...

J'aime vraiment votre article. J'ai essaye de trouver de nombreux en ligne et trouver le v?tre pour être la meilleure de toutes.

Mon francais n'est pas tres bon, je suis de l'Allemagne.

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Michele Corvo ha detto...

Malheureusement je ne parle pas bien le français et l'allemand! Je suis italien et en tant que telle, je parle italien.. :)

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