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REGIA: Lucio Fulci
SCENEGGIATURA: Elisa Livia Briganti
ATTORI: Al Cliver, Tisa Farrow, Auretta Gay, Richard Johnson, Olga Karlatos, Ian McCulloch...
FOTOGRAFIA: Sergio Salvati
MONTAGGIO: Vincenzo Tomassi
MUSICHE: Fabio Frizzi, Giorgio Tucci
DISTRIBUZIONE: VARIETY MARTINO
PAESE: Italia 1979
GENERE: Horror
DURATA: 94 Min
Trama:
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REGIA: Lucio Fulci
SCENEGGIATURA: Elisa Livia Briganti
ATTORI: Al Cliver, Tisa Farrow, Auretta Gay, Richard Johnson, Olga Karlatos, Ian McCulloch...
FOTOGRAFIA: Sergio Salvati
MONTAGGIO: Vincenzo Tomassi
MUSICHE: Fabio Frizzi, Giorgio Tucci
DISTRIBUZIONE: VARIETY MARTINO
PAESE: Italia 1979
GENERE: Horror
DURATA: 94 Min
Trama:
Zombi 2 è un cult movie per eccellenza come dice Marco Giusti in “Stracult”. Un film che lo stesso Fulci amava così tanto da definirlo “un horror artaudiano”, prendendo a prestito le sue notevoli Poesie della crudeltà. Però aggiungeva che era “un horror senza crudeltà ma con molta presupposizione della crudeltà”.
La partenza è subito inquietante con una misteriosa barca a vela alla deriva nella baia di Hudson.
La polizia interviene e un agente che si spinge all’interno scopre mosche, vermi e una mano mozzata in putrefazione. Una musica intensa realizzata con il sintetizzatore conduce lo spettatore verso l’inizio dell’incubo. Esce fuori uno zombi da una cabina e si divora l’agente a morsi in un trionfo di splatter, mentre l’altro poliziotto spara a ripetizione e riesce a far cadere in mare lo zombi.
Ann Boll comprende che quella barca è la stessa con la quale suo padre era partito per i Caraibi e vuole scoprire la verità. Indaga pure il giornalista Peter West che incontra sulla barca Ann Boll. Entrambi stanno cercando qualche prova, trovano una lettera del padre di Ann e alla fine devono fingere di fare l’amore per sviare i sospetti di un poliziotto che li sorprende. Nella lettera il padre parla di una misteriosa malattia che ha contratto sull’isola di Matul nella Repubblica Dominicana. Il contagio zombi intanto sta impossessandosi pure di New York e all’obitorio il poliziotto morto sta prendendo vita.
I nostri eroi decidono di andare a Matul, pure il direttore del giornale (un Lucio Fulci che ama recitare piccole parti nei suoi film) è d’accordo e incarica il reporter di fare un servizio. Una volta arrivati a Santo Domingo si fanno accompagnare sull’isola da Bryan Court e Susan Barreto che possiedono una barca. Intanto sull’isola il dottor Menard sta facendo esperimenti per combattere un terribile virus che trasforma gli uomini in zombi. Paola, la moglie del dottore, è terrorizzata ed è preda di un vero e proprio esaurimento nervoso. Nell’isola c’è qualcosa che non va. Si parla di mostri, di vudù, di un’antica maledizione e gli abitanti impauriti sono scappati via sotto la guida dello sciamano. La musica di Frizzi e Tucci fa la parte del leone e ci introduce a colpi di tamburi tribali e monotono gracchiare di corvi in un’atmosfera vudù – caraibica. Pure Fulci ci mette del suo riprendendo alcune ottime scene di vento tropicale e di sabbia che si solleva su spiagge coperte di palme. I nostri eroi arrivano sull’isola e conoscono il dottore che è all’opera in un ospedale costruito con travi di legno tra ventilatori a pala sul soffitto, caldo intenso, vento e mosche. L’atmosfera di tristezza e squallore è ben riprodotta. A questo punto si inserisce la scena per cui tutti ricordano questo film. La moglie del dottor Menard sta facendo la doccia e la scena pare più da sexy movie che da film horror, ma si sa che Fulci amava contaminare i generi, un po’ come Joe D’Amato. Uno zombi la spia a lungo dalla finestra e quindi tenta di forzare la porta, ma la donna gli rinchiude la mano e gli spezza le dita. Alla fine lo zombi riesce a sfondare tutto e afferra la donna per i capelli portandole la testa verso una scheggia di legno che le trafigge l’occhio sino in fondo. Questa scena che vede Olga Karlatos massacrata in modo bestiale sarà imitata da tutti i registi degli anni Ottanta (Joe D’Amato compreso) ma nessuno riuscirà a farla così bene come l’originale. In queste cose Fulci ci sapeva fare e la rappresentazione della morte era la sua specialità, lui riusciva a far vedere cose davanti alle quali altri si fermavano inorriditi. Pure l’atmosfera di terrore che si vive nell’isola è resa molto bene e Fulci ci fa sentire il respiro degli zombi frammisto al vento. La stessa cosa farà D’Amato in Antropophagus e in Porno Holocaust.
Diciamo subito che questo film non ha niente a che vedere con Zombi (1979) di George Romero di cui vuol solo ricalcare il titolo e seguire le orme del successo. Zombi completa la trilogia romeriana iniziata con La notte dei morti viventi e chiusa con Il giorno degli zombi. Fulci è di sicuro ispirato dalla visione delle prime due pellicole ma costruisce una storia originale di zombi che ha una sua ragion d’essere e soprattutto una diversa localizzazione geografica. Gli zombi dominicani di Fulci hanno una derivazione soprannaturale che ricalca le leggende vudù e, pur se nella pellicola non si toccano vette di poesia e di alta cinematografia sul tipo del successivo Il serpente e l’arcobaleno (1988) di Wes Craven, il livello della narrazione resta sempre alto. Gli zombi poi sono del tutto diversi da quelli teorizzati da Romero. Per dirla con Antonio Tentori, i morti viventi di Fulci sono “orribili cadaveri in putrefazione o mummie ripugnanti”. Con il critico romano condividiamo pure l’approccio alla tecnica filmica di Fulci e la sua visione che ne fa un vero e proprio teorico dello splatter estremo.
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