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USCITA CINEMA: 25/02/2011
REGIA: Måns Mårlind, Björn Stein
SCENEGGIATURA: Michael Cooney
ATTORI: Jonathan Rhys Meyers, Julianne Moore, Brooklynn Proulx, Frances Conroy, Jeffrey DeMunn, Nathan Corddry, Brian Anthony Wilson, Steven Rishard...
FOTOGRAFIA: Linus Sandgren
MONTAGGIO: Steve Mirkovich
PRODUZIONE: NALA Films, Macari/Edelstein, NALA Investments, Shelter Productions
DISTRIBUZIONE: Moviemax
PAESE: USA 2010
GENERE: Horror, Thriller
DURATA: 112 Min
Trama:
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USCITA CINEMA: 25/02/2011
REGIA: Måns Mårlind, Björn Stein
SCENEGGIATURA: Michael Cooney
ATTORI: Jonathan Rhys Meyers, Julianne Moore, Brooklynn Proulx, Frances Conroy, Jeffrey DeMunn, Nathan Corddry, Brian Anthony Wilson, Steven Rishard...
FOTOGRAFIA: Linus Sandgren
MONTAGGIO: Steve Mirkovich
PRODUZIONE: NALA Films, Macari/Edelstein, NALA Investments, Shelter Productions
DISTRIBUZIONE: Moviemax
PAESE: USA 2010
GENERE: Horror, Thriller
DURATA: 112 Min
Trama:
Cara Harding (Julianne Moore) è un’affermata psichiatra forense. Un’esperta del settore, come direbbe qualcuno. Ecco perché suo padre, che opera più o meno nello stesso settore, le sottopone un caso davvero interessante. Adam (Jonathan Rhys Meyers) è un paziente affetto da una strana forma di personalità multipla, ambito in cui la dottoressa Harding sa davvero come muoversi.
E basta poco per rendersi conto che Adam non è un paziente come tutti gli altri, motivo per cui il suo caso appare scientificamente meritevole di una particolare attenzione. Ha così inizio questa sorta d’investigazione da parte della nostra protagonista, che la porterà a mettere in gioco sé stessa e le sue stesse convinzioni.
E basta poco per rendersi conto che Adam non è un paziente come tutti gli altri, motivo per cui il suo caso appare scientificamente meritevole di una particolare attenzione. Ha così inizio questa sorta d’investigazione da parte della nostra protagonista, che la porterà a mettere in gioco sé stessa e le sue stesse convinzioni.
Bene, fin qui la “cronaca”. Peccato, però, che tra il punto di partenza ed il punto di arrivo di questa strana vicenda emergano dei difetti a nostro parere macroscopici. Anzitutto un’ambito di speculazione proposto in cui di speculazione ce n’è davvero poca, per di più frammentaria. Se, da un lato, risulta apprezzabile l’intento di Mårlind e Stein nel volersi focalizzare sulla fuorviante lotta tra Scienza e Fede, dall’altro è inevitabile evidenziare come tali nobili propositi non siano seguiti da un altrettanto impegno in fase di esecuzione. O meglio, questo è ciò che emerge dalla visione del film.
Argomenti da cui vengono attinte interessanti intuizioni, vanificate da determinate soluzioni che sembrano lasciare il tempo che trovano. Nel suo volto da thriller psicologico non invoglia a comprenderne i meccanismi, mentre sul fronte pseudo-horror non fornisce alcuna valida indicazione per indicarlo come tale - salvo non averla rintracciata noi, in tal caso dubitiamo comunque che la sostanza muti più di tanto, anche perché i problemi non vertono sulla catalogazione.
Gli strafalcioni più lampanti, però, prendono forma nel momento in cui si tenta in maniera decisamente raffazzonata di inoltrarsi in opache e poco approfondite introspezioni di carattere teologico. Chi o cos’è Dio? E chi o cosa il diavolo? Dove sta il Bene? E dove il Male? Tutte domande capitali, insomma, e su cui ci si accalora da chissà quanti secoli. Ecco perché, quasi in apertura, senza voler prendere le difese di nessuno, accennavamo a delle attenuanti. Perché qualunque opera intenda accostarsi a temi così complessi e delicati ha davanti a sé uno scoglio difficilmente valicabile.
Tuttavia l’inverosimile pappetta vagamente spirituale propinataci tende solo a confondere, forse proprio in virtù di questa sua mancata presa di posizione netta. In tal senso, Shelter, è un film figlio del proprio tempo, ossia il nostro. Un’epoca in cui ci si continua a spiegare una non meglio precisata “tensione al male” con argomenti che non reggono, mediante figure troppo banali per essere proponibili - o improponibili perché banali, fate voi.
Non fosse per una regia senza dubbio meno scialba rispetto a certe scelte a livello di sceneggiatura - seppur comunque limitata all’ordinarietà del mestiere - nonché una prova di Meyers tutto sommato apprezzabile, non sapremmo per quale altro motivo consigliare sinceramente la visione di questo Shelter. Specie in un periodo in cui nelle nostre sale cinematografiche imperversa un buon numero di produzioni di tutt’altra caratura.
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