Belfagor (1965) (DVDRip)

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REGIA: Claude Barma
SCENEGGIATURA: Claude Barma, Jacques Armand, Arthur Bernede
ATTORI: Juliette Gréco, René Dary, François Chaumette, Christine Delaroche, Yves Renier...
FOTOGRAFIA: Jacques Lemare
MONTAGGIO: Marcelle Lioret
MUSICHE: Antoine Duhamel
DISTRIBUZIONE: YAMATO - MEDUSA - ELLEU MULTIMEDIA
PAESE: Francia 1965
GENERE: Fantasy
DURATA: 300 Min

Trama:
“C’è un fantasma dentro il Louvre”: la frase che apre il romanzo del 1927 di Arthur Bernède non fa così paura come l’apparizione televisiva di Belfagor, la creatura più angosciante dell’immaginario seriale. Nelle sale del celebre museo, nella Parigi meno romantica della fiction, si aggira una misteriosa figura avvolta in un mantello nero come la notte, con un lungo copricapo scuro e una maschera di cuoio che le copre il volto: questa sorta di mummia postmoderna è stata vista nei pressi della statua di Belfagor, divinità caldea dell’inganno. Allo stupore e alla curiosità subentra il terrore quando il capocustode viene trovato ucciso in uno dei corridoi del Louvre.
Il caso attira l’interesse dell’avventuroso studente Andrea Bellegarde (Yves Rénier) e della curiosa Colette (Christine Delaroche), la figlia dell’ispettore Mènardier incaricato dell’inchiesta (il quale ha il volto di René Dary): i due giovani si fanno rinchiudere nel museo per scoprire l’arcano. Con il passare delle puntate, le indagini svelano l’attività esoterica di una congrega di occultisti che si ispira agli antichi Rosacroce, il cui tesoro sarebbe nascosto nel Louvre. Tra i membri della confraternita figurano Lady Hodwin (Sylvie), l’anziana protettrice di Belfagor; l’affascinante Luciana Boriel e la gemella Stefania (entrambe interpretate da una magnetica Juliette Gréco); Boris Williams (François Chaumette), esperto di riti iniziatici e dotato di un’oscura forza ipnotica. Girato con maestria tra luci e ombre, lungo passaggi segreti e dedali dell’anima, tra piste false e colpi di scena, il serial conduce il telespettatore in un labirinto di realtà enigmatiche attraverso una fotografia “espressionista” che esalta la sensazione di mistero che permea la serie. La tensione emotiva risulta così alta che basta un paio di occhi sbarrati contornati dall’eyeliner e dal kajal per gettare nel panico il pubblico. Ma le suggestioni thriller non sono le sole: echi di Nouvelle Vague traspaiono in controluce (da antologia, in tal senso, il duetto tra Andrea e Colette nei corridoi del museo che si sta svuotando: “Cos’ha da rimproverare alla gioventù di oggi?”, chiede il giovane alla ragazza appena incontrata che lo ha redarguito per i metodi poco educati; “Tutto”, risponde lei; “Preferisce gli uomini maturi?”, la incalza lui; “Sì, mio padre per esempio”; “Cosa avrebbe di tanto straordinario?”; “Ha delle illusioni: sopra l’onestà, sull’entusiasmo, sull’amore, su tutto”; “Spero non gli passino frequentando la gioventù che lei biasima”; “Ci penso io a fare la guardia. Non a tutte le mie amiche permetto di venire a casa: ce ne sono alcune che gliele farebbero passare tutte le illusioni, specie sulla virtù delle ragazze”; “Le perderà lo stesso”; “Lo so, prima o poi finirà così. Un giorno anche lui aprirà gli occhi e sarà un giorno triste. Se non troviamo qualche illusione nei genitori, dove andiamo a cercarle? Non tra i coetanei…”; “Se sono come lei, perché no?”, chiosa alla fine Andrea); così come schegge di esistenzialismo si conficcano qua e là nella trama, soprattutto affidate al personaggio interpretato da Juliette Gréco (“Le contraddizioni la irritano? – chiede Luciana ad Andrea prima di sedurlo – Io sono piena di contraddizioni, sono come quelle paste metà vaniglia e metà cioccolato: non le piacciono?”; come nell’addio della donna al ragazzo, quando capisce che sceglierà Colette: “fa un effetto strano sentirsi vinti. Mi sento come il coniglietto di una mia cugina. Un coniglio che le avevano dato quando aveva 3 anni. Voleva che mia cugina giocasse con lui e se per caso lo trascurava, cominciava a correrle davanti, facendo dei salti. Un giorno la bambina se ne stancò e il coniglio si sentì perduto: scavò una galleria e scomparve. Finì certamente per morire. Mi scaverò una galleria come il coniglio e poi sparirò…”). Rispetto al romanzo, nella serie fortemente voluta dallo sceneggiatore Jacques Armand e dal regista Claude Barma alcuni nomi e cognomi sono stati cambiati, mentre il detective Chantecoq, che nella versione letteraria era l’eroe protagonista, viene messo da parte per lasciare il proscenio al commisario Ménardier (personaggio secondario nel libro) e alla giovane coppia d’investigatori “per caso” (in realtà Rénier fa praticantato per incarnare successivamente Il commissario Moulin della polizia giudiziaria, nel 1976). Ad animare Belfagor è stato chiamato il mimo Isaac Alvarez. Robert Paillardon firma la serie da produttore esecutivo. La colonna sonora, contraddistinta da note di violini su temi classici, è curata da Antoine Duhamel. Prima di farlo debuttare in un romanzo nell’aprile del 1927, Bèrnede aveva lanciato Belfagor in 59 appuntamenti quotidiani su “Le Petit Parisien” (dal 28 gennaio al 28 marzo 1927), dai quali è tratta la contemporanea prima versione cinematografica diretta da Henri Desfontaines (senza sonoro e inedita in Italia). Dopo La mortale trappola di Belfagor (1967), la creatura di Bèrnede è tornata a far tremare il grande schermo nel 2001: in Belfagor – Il fantasma del Louvre, Sophie Marceau raccoglie la pesante eredità della Gréco a colpi di inutili effetti speciali. Nello stesso anno è toccato al cartone animato in cui Belfagor assomiglia più a Macchia Nera che al terrificante personaggio che teneva con il fiato sospeso mezza Europa a metà degli anni ’60.

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