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REGIA: Francesco Massaro
SCENEGGIATURA: Francesco Massaro, Enrico Oldoini, Franco Ferrini, Enrico Vanzina
ATTORI: Lino Banfi, Jerry Calà, Mara Venier, Mirella Banti, Franco Barbero, Annie Belle, Tognella...
FOTOGRAFIA: Luigi Kuveiller
MONTAGGIO: Alberto Gallitti
MUSICHE: Mariano Detto, Toto Cutugno
DISTRIBUZIONE: MEDUSA - AVO FILM, PANARECORD
PAESE: Italia 1983
GENERE: Commedia
DURATA: 100 Min
Trama:
Trama 2:
Un anno prima del fortunato “L’allenatore nel pallone”, Lino Banfi fu già protagonista di una commedia che in parte toccava la sfera del gioco calcio, e cioè questo “Al Bar dello sport”, il cui titolo omaggia uno dei romanzi più famosi di Stefano Benni (il film comunque non ha niente a che vederci). L’attore pugliese interpreta come al suo solito un suo conterraneo un po’ sventurato, nello specifico anche omonimo: trattasi di Lino, uno scansafatiche che ha la fortuna-sfortuna di vincere una lauta somma al totocalcio.
Fortuna-sfortuna poiché quando si è baciati dalla dea bendata i rapporti interpersonali sono destinati a cambiare, e trovarsi intorno amicizie sincere e disinteressate è molto più difficile. Così, per assurdo, i problemi, anziché diminuire, talvolta aumentano. E’ questo strano fenomeno, sempre attuale seppur non più figlio della mitica schedina, il motore di tutta la vicenda, spunto per la costruzione delle situazione comiche. Il problema però è che ciò non basta a riempire in maniera del tutto soddisfacente i 100 minuti di durata. Difatti a sketch e battute piuttosto efficaci, come il delirio di Lino nel momento in cui si accorge di aver fatto tredici, si alternano momenti un po’ superflui, e man mano che ci si avvicina alla fine, i secondi prendono sempre di più il sopravvento, sfociando in un epilogo un po’ sottotono e conciliante (meglio per esempio quello cinico di una commedia affine come “Ho vinto la lotteria di capodanno”).
Sempre buoni invece i protagonisti, dove al già citato Banfi, all’apice della sua carriera, va ricordato Jerry Calà, nel simpatico ruolo di “Parola”, un muto con il brutto vizio del gioco d’azzardo che gli valse a suo tempo critiche quasi positive (l’attore, come lui stesso ricorda, era abituato ad essere puntualmente stroncato). Una commedia infine non trascinante come il cult sopra citato “L’allenatore nel pallone”, ma comunque accettabile, grazie anche alla mancanza di derive trash tipiche del periodo.
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REGIA: Francesco Massaro
SCENEGGIATURA: Francesco Massaro, Enrico Oldoini, Franco Ferrini, Enrico Vanzina
ATTORI: Lino Banfi, Jerry Calà, Mara Venier, Mirella Banti, Franco Barbero, Annie Belle, Tognella...
FOTOGRAFIA: Luigi Kuveiller
MONTAGGIO: Alberto Gallitti
MUSICHE: Mariano Detto, Toto Cutugno
DISTRIBUZIONE: MEDUSA - AVO FILM, PANARECORD
PAESE: Italia 1983
GENERE: Commedia
DURATA: 100 Min
Trama:
Lino, emigrato pugliese a Torino, vive di un misero lavoro ai mercati generali, ed è ospite di una sorella e di un cognato che non lo sopportano, perseguitato da un boss mafioso al quale deve dei soldi, innamorato della bella cassiera del 'Bar Sport' che frequenta assiduamente in compagnia di alcuni amici, disperati come lui. Finché un giorno, seguendo il suggerimento di Parola, sguattero muto del bar, non azzecca uno strepitoso "tredici" al totocalcio da un miliardo e trecento milioni.
Tutti, sospettandolo come l'autore della vincita, diventano improvvisamente gentili con Lino, cercando in questo modo di assicurarsi i riflessi dell'improvviso benessere piovutogli addosso. Lino però, con l'aiuto di Parola, riesce ad eludere la caccia, e dopo aver inutilmente sollecitato a scappare con lui la cassiera (che stufa d'aspettarlo aveva sposato il padrone del bar), fugge con Parola, con destinazione la Francia. Ma a Sanremo, dove i due soci s'erano fermati a passare la notte in dolce e mercenaria compagnia, Parola non resiste alla tentazione di fare una puntatina al casinò, dove perde tutti i soldi. Lino, disperato, accortosi del fatto, si precipita al casinò con il pentito Parola e con la sua nuova amica; e con gli ultimi spiccioli vinceranno tre miliardi, e saranno tutti felici e contenti.
Tutti, sospettandolo come l'autore della vincita, diventano improvvisamente gentili con Lino, cercando in questo modo di assicurarsi i riflessi dell'improvviso benessere piovutogli addosso. Lino però, con l'aiuto di Parola, riesce ad eludere la caccia, e dopo aver inutilmente sollecitato a scappare con lui la cassiera (che stufa d'aspettarlo aveva sposato il padrone del bar), fugge con Parola, con destinazione la Francia. Ma a Sanremo, dove i due soci s'erano fermati a passare la notte in dolce e mercenaria compagnia, Parola non resiste alla tentazione di fare una puntatina al casinò, dove perde tutti i soldi. Lino, disperato, accortosi del fatto, si precipita al casinò con il pentito Parola e con la sua nuova amica; e con gli ultimi spiccioli vinceranno tre miliardi, e saranno tutti felici e contenti.
Trama 2:
Un anno prima del fortunato “L’allenatore nel pallone”, Lino Banfi fu già protagonista di una commedia che in parte toccava la sfera del gioco calcio, e cioè questo “Al Bar dello sport”, il cui titolo omaggia uno dei romanzi più famosi di Stefano Benni (il film comunque non ha niente a che vederci). L’attore pugliese interpreta come al suo solito un suo conterraneo un po’ sventurato, nello specifico anche omonimo: trattasi di Lino, uno scansafatiche che ha la fortuna-sfortuna di vincere una lauta somma al totocalcio.
Fortuna-sfortuna poiché quando si è baciati dalla dea bendata i rapporti interpersonali sono destinati a cambiare, e trovarsi intorno amicizie sincere e disinteressate è molto più difficile. Così, per assurdo, i problemi, anziché diminuire, talvolta aumentano. E’ questo strano fenomeno, sempre attuale seppur non più figlio della mitica schedina, il motore di tutta la vicenda, spunto per la costruzione delle situazione comiche. Il problema però è che ciò non basta a riempire in maniera del tutto soddisfacente i 100 minuti di durata. Difatti a sketch e battute piuttosto efficaci, come il delirio di Lino nel momento in cui si accorge di aver fatto tredici, si alternano momenti un po’ superflui, e man mano che ci si avvicina alla fine, i secondi prendono sempre di più il sopravvento, sfociando in un epilogo un po’ sottotono e conciliante (meglio per esempio quello cinico di una commedia affine come “Ho vinto la lotteria di capodanno”).
Sempre buoni invece i protagonisti, dove al già citato Banfi, all’apice della sua carriera, va ricordato Jerry Calà, nel simpatico ruolo di “Parola”, un muto con il brutto vizio del gioco d’azzardo che gli valse a suo tempo critiche quasi positive (l’attore, come lui stesso ricorda, era abituato ad essere puntualmente stroncato). Una commedia infine non trascinante come il cult sopra citato “L’allenatore nel pallone”, ma comunque accettabile, grazie anche alla mancanza di derive trash tipiche del periodo.
Critica:
"Una commedia a livello modesto, ma accettabile e abbastanza divertente. Ottima l'idea di non far parlare Calà fino all'ultima scena. Un prodotto medio che supera agevolmente dottoresse, infermiere e poliziotte della commedia nostrana". (Francesco Mininni, Magazine italiano tv)"Una commedia innocua ma grossolana, ingarbugliata e in sostanza, piuttosto deprimente: l'impressione è che la storia di base si trascini stancamente senza entusiasmo e che quindi il film non finisca mai". (Laura e Morando Morandini, Telesette)
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